Arriva a Roma The Art of the Brick, la mostra itinerante collocata dalla CNN tra le prime dieci imperdibili in tutto il mondo, che dal 28 ottobre 2015 al 14 febbraio 2016 nello spazio eventi di via Tirso 14, in mezzo al più elegante e ricco quartiere della Capitale, porta la passione di Nathan Sawaya per le scultura interamente realizzata con i comuni mattoncini della Lego. Un successo mondiale che sfrutta l’universale familiarità, la caratura pop e il carisma da gioco infantile “istruttivo” con cui le costruzioni Lego occupano l’immaginazione di tutti; suggerendo un paio di cose. Uno, queste sculture costringono a valutare la propria impotenza nel non essere in grado di andare oltre semplici casette con porta e finestre, ponendola di fronte non solo all’attitudine nel creare figure complesse nei minimi dettagli, in fondo già viste altrove, ma anche alla tracotanza di trasferire in esse il tocco simbolico e immateriale che abbiamo imparato a chiamare arte.
Due, cogliendo lo spirito dei tempi, l’arte dei mattoncini costruisce immagini allo stesso modo della programmazione digitale, connettendo moduli tutti uguali con rigide ed elementari regole di incastro; una rivoluzione se paragonata al tocco sfuggente ed imprevisto di pennello o scalpello. Di conseguenza democraticamente riduce e unifica tutti i linguaggi e le tecniche alla scrittura del software, una sequenza di composizione interamente determinata dalle regole artificiali del materiale. Tutto merito di Hanry Moore, per caso attualmente in mostra alle Terme di Diocleziano, apparentemente lontano dai Lego ma da annoverare tra coloro che per primi hanno pensato di non violentare la materia plasmandola ma di farsi da essa dominare, seguendone regole e suggerimenti. Anzi nelle sculture di Sawaya è la materia stessa che suggerisce qualcosa in più rispetto alla nuda, seppur sorprendente, raffigurazione.
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