Santa Maria Antiqua nel Foro rappresenta l’idea del sovrapporsi e la sua storia è una storia di sovrapposizioni. Non nel senso, ormai banale per Roma e per il mondo, che in essa possano leggersi successioni stratificate nel tempo di archeologia, storia e civiltà: intendiamo precisamente che la sua vicenda, lo stesso centenario susseguirsi degli scavi, ci consegnano un metodo di conoscenza e di indagine sulla storia e sull’uomo. Questo edificio ha voluto sè stesso per metamorfosi impostandosi, nel VI secolo, su un probabile monumentale ingresso alle dimore imperiali palatine di Domiziano; cambia aspetto all’interno e fuori durante tutto l’alto medioevo fin ad essere inabbissato – fortuna per noi posteri – da un terremoto nel IX secolo; se ne perde quasi la memoria fino a quando agli inizi del ‘900 ha imposto la sua presenza richiedendo scavi accurati ( addirittura costringendo alla demolizione di una chiesa secentesca costruitavi sopra) che si sono protratti fino ad oggi ( del 2004 il progetto organico in corso).
E’ vero, rappresenta un rarissimo caso di conservazione pittorica bizantina con i suoi 250 metri quadri di affreschi variamente databili. Ma è ancora più importante perchè ci mette di fronte ad un porzione di genuina verità, raccontandoci la relazione che sfugge ad ogni mistificazione tra quanto l’uomo cerca di nascondere, cancellare, conservare o dire ancora una volta di nuovo.
Il così detto Palinsesto, in fondo all’edificio sulla parete destra dell’abside, con le sue mescolate e sovrascritte sette epoche decorative, da IV all’VIII secolo, alcune con minimi frammenti, è di per sè un immane opera d’arte nuova, astratta e sorprendente, al di là degli stili della lontana civiltà bizantina. Fino al 4 novembre. Le informazioni per entrare nel cantiere qui.
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