L’applicazione della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma e un collettore dalla filosofia cartacea, in cui compare la parte nobile, la polpa per visibilità ed investimenti, del patrimonio archeologico di Roma, quella gestita direttamente dallo Stato. Se la tecnologia è relegata alla possibilità di aggiornare le notizie su mostre orari ed eventi il risultato non può essere diverso. Realtà aumentata, prenotazione e acquisto biglietti, georeferenziazione e non sappiamo che altro sono fuori portata. Ma il problema è un altro. La emanazione locale e speciale del Ministero mette sulla sua applicazione il suo patrimonio, non quello di competenza del Comune o della chiesa Cattolica. Il turista, anche quello più avveduto, non lo sa come la gran parte dei romani. Va al Colosseo ma non al Ludus Magnus, l’area di servizio dei gladiatori a pochi metri. Entra giustamente ai Fori e Palatino e non sa che a poca distanza c’è l’Area Sacra di San Omobono, un squarcio altrettanto importante per comprendere la Roma arcaica.
Riesce a informarsi delle Tombe di via Latina ma non sa nulla, se non per sua intrapendente curiosità, che è circondato dai tesori archeologici dell’Appia Antica. Ad un certo punto incontra la Tomba di Cecilia Metella ma dovrà faticare per conoscere la storia della contigua villa di Massenzio. Sono solo degli esempi.
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