A margine delle celebrazioni in corso per i novanta anni di Italo Calvino alla Casa dell’Architettura, Il Centro Sperimentale di Cinematografia in collaborazione con IXCO (Istituto Italiano per la Cooperazione o.n.g.), Casa dell’Architettura, Cineteca Nazionale, Archivio Nazionale Cinema d’Impresa, propone al cinema Trevi una serie di film tratti dai o ispirati ai libri dello scrittore. In sala a puntate lo sceneggiato televisivo del 1970 di Bennati, Marcovaldo; Il cavaliere inesistente di Pino Zac del ’69; Renzo e Luciana di Mario Monicelli, sceneggiato da Arpino e inserito in Boccaccio ’70; corti e medio metraggi anche per tv straniere; film che a detta degli organizzatori presentano atmosfere assimilabili al mondo dello scrittore come L’Uomo fiammifero e Domani accadrà; perfino i Soliti Ignoti, per la scena dei ladri che mangiano nella casa derubata simile ad una pagina della novella Furto in pasticceria. In verità c’è ben poco da raschiare nel barile per convalidare un rapporto credibile tra il grande scrittore sanremese, l’italiano da conservare dal secolo scorso, ed il cinema: né come sceneggiatore, né tanto meno come ispiratore.
“Uno degli scrittori che direttamente meno hanno contribuito al cinema italiano: qualche collaborazione a sceneggiature […]. Ma è forse lo scrittore italiano che più ha anticipato nella propria opera l’immaginario, le fascinazioni, le tendenze del cinema internazionale contemporaneo: il mondo medievale rivissuto con ironia, l’universo magico ripetitivo e fatale della fiaba, le cosmogonie fantastico-scientifiche, le città del sogno tra Oriente visionario e megalopoli moderna, la narrativa come processo combinatorio di elementi preesistenti, la narrazione come forma compiuta che è possibile scomporre giocando col racconto come con gli scacchi”,
dice Tornabuoni, peccando di larghe vedute, e di discendenze esagerate; e non per demerito di Calvino perché in lui la letteratura è così enormemente sé stessa da far apparire il cinema che se ne volesse ricavare deficitario.
Di fronte ad un universo visivo completamente contenuto in una narrazione semplice ma delle sfumature inimitabili, capace di costruire un mondo alternativo e perfetto (rifinito, concluso) tra la favola e la più raffinata delle esperienze intellettuali; di fronte di una fantasia mai così al servizio della verosimiglianza e del raziocinio, eppure smisurata; di fronte ad una conoscenza così profonda dell’infanzia dell’uomo e della storia; di fronte a tutto questo si insinuerebbero, tra un fotogramma e l’altro di un film, ancora infinite parole e si potrebbe concludere, rovesciando il proverbio, che una frase vale più di mille immagini.
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