“Buongiorno, la saluto, sono educato e timido, timidissimo; che vuole, non ci ho mai capito molto, sono timido, ma senza soggezione, e mi diverto. Arrivo all’improvviso come nel cinema, in un montaggio rapido, e rido, rido sempre. Alle mie spalle i millenni non sono trascorsi, oppure sono passati a mucchi di giorni tutti uguali, quasi fossero sempre il primo giorno. Non ho la Storia che mi bracca, che mi pronuncia come uno può dire una parola bella e pronta. Tuttavia non soffro dubbi ed incertezze. Momento! qualche dubbio mi viene ogni tanto, raramente, e tremo; ma cose così, che afferro con la mano, che tengo sott’occhio. Cose cui do un calcio alla sera.”
“Lei, signora, sta lì, mi scruta, mi fissa. Perché io sono qui? mi vede? mi sposto, anch’io la guardo. Perché sono qui? o meglio, perché di tanto in tanto appaio? questa è la parola giusta: ‘apparire’, ancora meglio ‘fare un’apparizione’, fare il miracolo. A via Marco Decumio dal mio amico carrozziere porto l’utilitaria; così, anche se è tutto a posto, giusto per parlare col mio amico carrozziere. Una ragazza: forse nemmeno mi conosce, facciamoci un selfie, mettiamoci così, viene bene, mi vengono tutti bene, i selfie. Prendo la frutta al mercato Tuscolano III, su e giù per la Tuscolana mi fermo alle vetrine, passeggio a via Lemonia, compro i detersivi da Cossuto, porto i nipoti al Parco degli Acquedotti. Sono una persona buona io, educata, operosa, tengo alla famiglia, faccio tutto.”
“Scanso il lavoro, baro alla mensa dei monaci, rubo dalla cassa del padrone, sperpero al gioco, nelle feste, con le donne, ed ogni volta mi stanano e fuggo, corro, quanto corro, a scatti per i vicoli di Canterbury. Pier Paolo l’aveva capito. Davoli Ninetto dal Borghetto Prenestino lo manda Dio o il Diavolo, non gli uomini. Ogni bene e ogni male dallo sguardo, dalle mani, è uno zampillo che sgorga da una corrente sotterranea di stupore, spontanea e sconosciuta, una meraviglia senza un peso, senza una causa e senza un fine.”
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