E’ dappertutto, guide, siti, segnaletica. In centro a Roma un itinerario pedonale unisce Santa Maria del Popolo, Sant’Agostino e San Luigi dei Francesi, tre chiese in cui i turisti possono ammirare gratuitamente (in verità dietro corrispettivo di una moneta da introdurre per attivare l’illuminazione a tempo che rende visibili le tele) sei dipinti di Caravaggio in tutto, unanimemente considerati tra i maggiori capolavori del geniale e tormentato pittore. Nella prima, ad adornare la cappella Cerasi a sinistra dell’altare maggiore per chi guarda, uno di fronte all’altro la La Crocifissione di San Pietro e La Conversione di San Paolo fanno a pezzi la pur notevole Assunzione della Vergine di Annibale Carracci sull’altarino centrale, sacrificato come il filmino non montato del matrimonio a confronto con una sequenza di Kubrick.
Nella seconda, in uno spazio più ampio e isolato a sinistra appena entrati, discreta appare La Madonna di Loreto (altrimenti detta dei Pellegrini), si dice un regalo del pittore per il riparo offertogli durante uno dei suoi casi violenti. Già i piedi sporchi dell’adorante inginocchiato portano la tela e la chiesa che l’accoglie fuori dal loro tempo. Infine la cappella Cottarelli impreziosita da ben tre dipinti di Caravaggio, un ciclo composto dal Martirio di San Matteo sulla parete di destra, San Matteo e L’Angelo sull’altare e La Conversione di San Matteo sulla parete a sinistra. Luce nel buio, inquadrature scomode, pose terrene e in certi casi poco ieratiche (si guardi la posizione da scolaretto del Santo con l’angelo) ma comunque monumentali come in certe opere postmoderne.
Chiunque potrebbe distinguerle queste opere, anche in mezzo agli eccessi decorativi delle chiese rinascimentali e barocche di Roma. Complice i mass-media e la rete è impossibile evitarle una volta dentro il fiume di turisti patiti del mito e degli itinerari.
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