Tutte le manifestazioni del redivivo Carnevale Romano si svolgeranno fino alla metà di febbraio, nel solco di una filologica tradizione, in o intorno a piazza del Popolo, tranne per due manifestazioni, uno spettacolo al centro culturale Elsa Morante e una sfilata sulla Tiburtina. Festa con le radici, come il Carnevale in generale, nell’anarchica e liberatoria ricorrenza dei Saturnalia dell’antica Roma, ripresa poi con vigore nel ‘400 dal papa Paolo II – strano per un personaggio repressivo nei confronti della prevalente cultura umanistica, incline di per sé al recupero delle antichità classiche – viene soppressa dai nuovi padroni piemontesi della capitale, i quali evidentemente giudicavano non credere nel suo valore come valvola di sfogo popolare a fronte degli incidenti e disordini che creava. Dal 2009 patrocinio e soldi pubblici l’hanno ripresa, forse nella convinzione che, per il popolo che oggi siamo, l’antica funzione è svanita in un di nuovo incollonnarsi, aspettare, in ordine assistere e poi tornare a casa, e che in ultimo i mezzi per addormentarci risiedono ormai stabilmente sui nostri smartphones; ma che insomma, nonostante tutto questo, non cala il suo valore economico nel calderone della promozione turistica. E in quet’ottica la periferia non c’entra.
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