Due anni fa Elizabeth Harper per conto del bizzarro Morbid Anatomy Museum di New York ha immortalato reliquie, scheletri, ma anche i resti incorrotti dei santi conservati nelle teche di vetro di alcune chiese di Roma, http://www.allthesaintsyoushouldknow.com/. La fotografa statunitense lavora come tecnico delle luci per il teatro ed è tendenzialmente attratta dagli aspetti macabri del culto rappresentati da teschi, tibie, capelli, liquidi corporei o semplici oggetti appartenuti ai santi; un po’ per la materiale evidenza della morte che offrono con la loro simmetria spezzata, un po’ per il non trascurabile valore simbolico assunto in una religione essenzialmente scenografica come quella cattolica. Con la Riforma Protestante i primi ad essere arruolati contro la nuova minaccia furono proprio i corpi e le reliquie dei santi, come testimonia a Roma il fervore riesumativo che ha riportato alla luce molte sacre spoglie, vedi ad esempio Santa Cecilia. Corpi e reliquie comunque già fulcro della storia medioevale, prova tangibile del martirio e spina dorsale della propaganda della Chiesa di Roma, fin dal suo atto di nascita intrisa di sublimazione mistica da conquistare al prezzo dell’annientamento dopo grandi sofferenze fisiche; non si può trascurare poi l’intimo legame tra anatomia e vita eterna insito alla profezia finale della resurrezione dei corpi.
Tanto più quando, come nel nostro caso, questi corpi pare vogliano conservarsi al meglio per quel giorno, solo per sommi capi cedendo al lavoro incessante di umidità e batteri. Far loro visita è un viaggio tra le idee sulla morte che ognuno di noi prova a farsi; la resa attuale di un altrove temporale, innegabilmente percepita dal fondo dei nostri occhi, contrasta con le modificazioni comunque subìte dalla carne: Queste, seppure obiettivamente non assimilabili alla putrefazione, denunciano l’appartenenza ad un’altra dimensione. Certo non quella dei vivi. Ma nemmeno quella dei morti, i sani, comuni, onesti morti, di solito timorosi a mostrarsi. Tra cuscini immacolati e drappeggi dorati, i santi si sono adagiati in pose mai del tutto molli.
Anna Maria Giannetti Taigi (1769-1837) a San Grisogono in Trastevere dorme con un leggero sorriso di soddisfazione, candida copia di una vecchietta disneyana. Santa Paola Frassinetti (1809-1882), nella Cappella delle Dorotee non pare ancora rassegnata al sonno eterno, tanto il viso se ne mostra offeso. San Camillo de Lellis (1550-1614) ha trovato infine la posizione comoda a Santa Maria Maddalena. Poi ci sono, quelli protetti da armature modellate sulle sembianze, come San Giovanni da Triora (1760-1816) a Santa Maria in Ara Coeli, e Roberto Bellarmino (1542-1621) a Sant’Ignazio di Loyola. Una lista completa è auspicabile.[Continua]