Affidato ad un’istallazione di Luciano Minestrella, presso la Sala Santa Rita fino al 31 luglio, il ricordo romano della strage di Srebrenica del luglio 1995, quella che, nonostante i molti aspetti non chiariti e il gran numero di persone mai più trovate e identificate, viene classificata come genocidio ed è considerata senza dubbio il più grande massacro di civili in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale (tra gli otto e dieci mila morti a seconda delle fonti).
Minestrella è un artista artigiano del legno, molto attivo nell’ambito dei diritti umani, e con il suo sentiero di feltro che si conclude con un altare ed un tronco spezzato vuole cogliere il silenzio dopo la carneficina; il silenzio che avvolge le rovine fumanti oppure un appartamento a soqquadro dopo la visita dei ladri, sul quale smarriti fermarsi un po’ di tempo per poi trovare il modo di ricominciare, recuperare, rimettere in ordine.
L’impegno civile è l’occasione per riflettere sulla funzione dell’arte. Poniamo il caso qualcuno con parole, immagini o filmati, nemmeno in maniere cronachistica o giornalistica – il giornalismo è diventato un genere letterario stucchevole e ripetitivo, si prenda quello televisivo del caldo che è per forza “africano” -, riesca a fare un racconto asettico, senza tono di voce, senza figure retoriche, di quanto hanno combinato i 15000 Serbo-Bosniaci del generale Mladic nei giorni tra l’11 e 16 luglio 1995 a Srebrenica e dintorni.[Continua]