Il pubblico occidentale non lo sa, ma la cinematografia dei paesi del sud del mondo – inclusi quelli la cui la crescita del Pil a due cifre si nutre delle vite sfruttate degli individui – produce anche commedia. Sarà che a quanto percepiamo lontano, non solo geograficamente, attacchiamo etichette semplificatorie come meraviglioso, sublime, vero, o all’opposto terribile, disastroso, squallido, penoso; in ogni caso esso non si adatta alla risata come fa ciò che ci è vicino e conosciamo alla perfezione, a cominciare da noi stessi. In questo senso l’allegria è una forma di conoscenza più esatta dell’angoscia, una scienza sperimentale, un esercizio razionale che non abbiamo il coraggio di applicare a quanto siamo convinti di dover guardare con pietà, commozione, senso di colpa. Ma oggi parte di quel mondo è nei nostri quartieri ed ecco il cinema degli altri continenti, senza musi lunghi, ferite insanabili, situazioni disperate, denuncia, ma con sorriso, ironia e spirito leggero su società, usanze, e problemi legati alla migrazione e alla integrazione in tessuti sociali, a loro modo altrettanto precari, come quelli delle nostre periferie urbane. Guardie e ladri e Soliti ignoti invece che Ladri di biciclette. Povertà, ingiustizia, guerra e cultura sessista come sfondo quasi neutro alla vita quotidiana che reclama la normalità, la routine, anche quella del sorriso. “Karavan, il sorriso del cinema migrante” è la manifestazione organizzata dall’associazione Bianco e Nero che dal 26 al 30 novembre 2014, nel quartiere multietnico di Tor Pignattara, all’interno di una ex sala consiliare recuperata del V Municipio porta le commedie provenienti da Cina, Brasile, Bangladesh, Azerbaijan, Costa d’Avorio, Palestina e Rwanda. Il programma completo su http://www.karawanfest.it/.[Continua]
Pitch&Drink a Tor Vergata
Pitch è un modo rapido di esporre la propria idea imprenditoriale a persone che dispongono di denaro da investire ma non hanno il tempo e forse nemmeno la voglia di ascoltare. Pitch&Drink, un’idea di Alessandro Coltro, Ceo di Tasteet!, consente di farlo durante l’aperitivo e il 4 dicembre, dopo un giro in molte città italiane, farà tappa a Tor Vergata, presso il villaggio studentesco CampusX. La cosa si svolge così: gli startupper che pensano di avere il progetto da svolta hanno sei minuti per esporlo davanti ad un uditorio interessato e dieci minuti per rispondere alle domande; poi alcuni mentor, persone esperte invitate dagli organizzatori, danno un giudizio su quanto illustrato e consigli per migliorarlo. Infine ci si siede rilassati intorno al tavolino imbandito di aperitivi e chissà non ci siano nuovi promettenti sviluppi. Non si vince nulla né si ha la garanzia che qualcuno possa assecondare il progetto, ma almeno ci si è aperti al confronto con la gente e si è fatta un po’ di pubblicità. Per avere cognizione di quali tipi di business abbiano sortito questi incontri informali basta andare su http://pitchndrink.com/. Non è questo l’unico appuntamento con l’economia e la creatività digitale a Roma per l’ultimo scorcio del 2014. Il 12 dicembre, luogo ancora da definire, c’è “Eccellenze in digitale”, l’iniziativa nata dalla collaborazione tra Google, Fondazione Symbola, Università Ca’ Foscari, CNA e Coldiretti, in giro per l’Italia per far conoscere le enormi potenzialità del web ai piccoli imprenditori, artigiani e agricoltori. Inoltre il 19 dicembre la chiamata di LUISS EnLabs agli startupper che vogliono concorrere ai progetti di accelerazione previsti dalla struttura per il 2015.[Continua]
Più libri più liberi 2014
Fissata per i cinque giorni che vanno dal 4 all’8 dicembre al Palazzo dei Congressi dell’Eur “Più libri più liberi”, la più importante esposizione italiana per i soggetti imprenditoriali impegnati nella piccola e media editoria, ormai diventato un focolare di incontri, discussioni e dibattiti per scrittori, autori ed intellettuali che fanno ancora oggi della scrittura, nelle sue svariate espressioni – saggio, racconto, romanzo ma anche fumetto, graphic novel, libro illustrato – il mezzo principale di comunicazione delle idee. Un’occasione in cui, letteralmente circondati, si direbbe minacciati dalla carta stampata – qui nella sua espressione più avanguardista, quella non compromessa da best sellers e dalle copie vendute a milioni – si può tentare di ridefinire la funzione materiale del libro, oggi che la cultura, le idee e le informazioni si trasmettono in modo virale, cioè come una malattia, attraverso la rete immateriale. Questo potrebbe essere il luogo adatto per annunciare la scoperta che insomma il libro non ha più nulla a che fare con la trasmissione del sapere, della bellezza o della varia umanità che esprimono i popoli e le persone, e che ha incominciato a significare, e quindi a comunicare e a vendere, solo sé stesso; un insieme di fogli scritti o disegnati, bene o male rilegati, che rende bene l’immagine di qualcosa di statico, fermo, pesante, un problema in viaggio e durante i traslochi; che nelle biblioteche, nelle librerie, in casa occupa chilometri di mensole, le più alte irraggiungibili da anni, in doppia e tripla fila, impilati, coricati, tracimanti, dimenticati, ma sempre lì immobili a illuderci che le parole siano meno sguscianti e più durature di quanto oggi ci appaiano. http://www.piulibripiuliberi.it/menu2009/HOME.aspx[Continua]
Al Wunderkammern la bella grafia di L'Atlas
Continua nel cuore di Tor Pignattara l’impegno della galleria Wunderkammern nel promuovere a Roma artisti internazionali di Street e Urban art. Il 22 novembre 2014 nello spazio di via Serbelloni, inconsueto in periferia per qualità e caratura degli artisti ospitati, si inaugura la mostra dedicata al francese Jules Dedet Granel, nome anagrafico di L’Atlas, l’Atlante della mitologia greca. Risiedendo in alcuni paesi arabi questo artista ha approfondito le regole e i segreti della calligrafia, l’arte cioè di usare la scrittura, soprattutto quella dei testi sacri, come ornamento librario o architettonico più che come veicolo di significato; una tradizione comune in forme differenti a tutte le culture (si pensi ad esempio agli ideogrammi in oriente, e alle miniature nell’occidente medioevale). Poi sulle piazze e sui muri delle città, oltre che con svariate tecniche su tela e legno, ha applicato la sua esperienza, tracciando linee e curve in bianco e nero che decisamente esasperano la deriva dei caratteri tipografici da veicolo di suono significante a vuoto svolazzo, misterioso ed iniziatico. Egli va oltre la calligrafia, una consuetudine artistica codificata come insieme di tecniche artigianali ma nata in ambito filosofico e religioso, poiché la applica come esperienza puramente grafica alle rappresentazioni geografiche, astronomiche, e di architettura urbana da sempre realizzate dall’uomo come forme di scrittura che si pretenderebbero utilitaristiche e scientifiche; inocula così anche in esse il seme del mistero. Segni grafici, mappe geodetiche, città, così trasecolano e si trasformano in labirinto, ideogramma universale dell’insondabile. http://www.wunderkammern.net/latlas/latlas.htm[Continua]
Roma Jazz Festival 2014
Swing & New Deal è il tema che quest’anno l’Auditorium Parco della Musica propone per il Roma Jazz Festival, con una serie di concerti, film e conferenze dal 18 al 30 novembre (http://www.auditorium.com/eventi/festival/5767382/1415919600). Tradotto, si vorrebbe il Swing essere un’evoluzione del jazz arrangiata alla voglia di divertirsi e di ballare degli americani debilitati dal crack del ’29; di conseguenza esso sarebbe riciclabile, in forma rinnovata, nel nostro tempo ferito altrettanto dalla crisi economica e dalla sfiducia nel futuro. Ma questo significherebbe attribuire alla musica degli anni trenta una zavorra di artificio retorico, inteso non come necessario bagaglio tecnico di linguaggio musicale, ma proprio come strumento di distrazione e occultamento, quindi consolatorio e anestetico. Invece sembra che una delle caratteristiche essenziali del jazz, anzi forse la sua maggiore conquista soprattutto a cominciare dal dopoguerra, sia proprio quella di essere una musica generalmente priva di retorica e di ogni stratagemma diversivo, compreso quelli che operano per sottrazione, dimenticanza. Il che non vuol dire che il jazz abbia smesso di suscitare emozioni ma solamente che in generale non si sia più apparecchiato a manipolarle. Ecco, sarebbe preferibile le cose rimanessero così. Hanno risposto all’appello il trombettista Fabrizio Bosso che con con il suo quartetto e l’Ensemble di Paolo Silvestri faranno rivivere le grandi orchestre di Duke Ellington; ancora, tra gli altri, Enrico Rava con il suo complesso, il duo di eccezionali pianisti Jason Moran & Robert Glasper, Franco D’Andrea in un trio insolito con clarinetto e trombone e il chitarrista gitano Biréli Lagrène, una dei maggiori eredi del jazz manouche di Django Reinhardt.[Continua]