Nuova luce su uno dei monumenti sinora più dimenticati del Parco dell’Appia Antica, il così detto Mausoleo di Campo Barbarico (II secolo d.C.). In un servizio della Tgr Lazio l’archeologo Stefano Roascio spiega come i recenti ritrovamenti intorno al monumento incoraggino nuove campagne di scavo, forse in grado di chiarire aspetti ancora oscuri sulle origini del sepolcro e sugli affreschi e stucchi scomparsi che lo decoravano, ancora intatti in una illustrazione cinquecentesca. L’architetto Michele Reginaldi inoltre illustra come il restauro del monumento, oltre che consentirne la visita al pubblico, possa costituire il punto di partenza per realizzare una nuova centralità urbanistica per il quartiere di Tor Fiscale .
RomeVideoGameLab. Edizione 2020 online
Anche se interamente in streaming non manca l’appuntamento RomeVideoGameLab 2020, il festival dei video games applicati, così detti applied games, non programmati per l’intrattenimento, bensì come strumenti utili a istruzione, didattica, business, ricerca e divulgazione scientifica, una sorta di fiera digitale che si tiene ogni anno in presenza all’interno degli studi cinematografici di Cinecittà. Sviluppatori, aziende, scienziati, strutture accademiche saranno on line dal 4 al 7 novembre e gli appassionati potranno collegarsi a tutti gli eventi della manifestazione da remoto e in tempo reale attraverso il portale http://romevideogamelab.it/.
Una lunga serie di workshop, lectio magistralis, conferenze e presentazioni di videogiochi che spaziano – per fare qualche esempio – dalla realtà virtuale applicata alla fisica delle particelle, all’apprendimento dell’economia, ai mille usi dell’intelligenza artificiale. Non manca nemmeno quest’anno l’evento B2B, il più vitale, previsto per il 6 novembre, l’occasione per mettere in contatto sviluppatori, aziende e compratori internazionali. Il programma dettagliato delle quattro giornate su https://romevideogamelab.it/it/calendario-2/calendario-ita.
Museo delle Mura. Archetipi nell’argilla
Un ritorno all’argilla e alla ceramica, il materiale artistico antico quanto l’uomo, le cui forme e decorazioni sono utilizzate in archeologia per suddividere in periodi l’avanzare delle grandi civiltà, è quello che propongono diciotto artiste al Museo delle Mura, fino al 15 novembre 2020. La natura atavica del mezzo ispira il carattere altrettanto primigenio del tema, le immagini archetipiche tratte dalle fiaba e dal mito, in una interpretazione al tempo stesso contemporanea nella modellazione ma tradizionale nelle tecniche.
Dalla mescolanza di argille colorate del neriage alle magiche striature ottenute con la tecnica obvara, Narrazioni di Argilla. Gli Archetipi nelle fiabe e nei miti presenta nei locali delle torri e nel camminamento di Porta San Sebastiano 70 opere di diverse dimensioni, lampi istantanei su immagini tratte da antichi racconti, interpretate alla luce di sensibilità femminili. Ingresso gratuito. Raccomandazioni anti-covid.
I Marmi Torlonia
Sono poche le mostre dal titolo ufficiale in due lingue. Seppure il destino le abbia messo di traverso la pandemia, il privilegio è toccato a I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori, l’evento culturale più importante degli ultimi anni in Italia e forse nel mondo. A villa Caffarelli, restaurata per l’occasione come nuova sede dei Musei Capitolini, il 14 ottobre 2020 si chiude il cerchio, dopo la falsa partenza in aprile, di una storia appassionante e tormentata che riguarda l’arte e l’archeologia, ma che illustra bene anche una certa idea del potere e del capitalismo negli ultimi tre secoli.
I Torlonia, arrivati piccoli mercanti dalla Francia a Roma a metà Settecento e rapidamente arricchitisi, scalano la nobiltà tra la fine del secolo e l’inizio dell’Ottocento (in successione Marino, Giovanni e Alessandro). Dal periodo napoleonico sino all’unità d’Italia si rendono arbitri della politica statuale pontificia attraverso commesse pubbliche, spregiudicate attività finanziare, una banca e opportune aderenze politiche, senza nemmeno essere troppo devoti a Santa Romana Chiesa, ed anzi forse proprio per aver conservato una certa distanza da essa – la stessa fredda confidenza che si riserva ad un socio in affari – a differenza del resto della aristocrazia di antico lignaggio. Nel corso della travolgente ascesa utilizzano il sottosuolo degli immensi latifondi colmi di reperti, man mano acquisiti nel suburbio, quale fabbrica di armi per vincere la guerra del prestigio e della credibilità.
Dopo che la cultura europea, attraversata dalla brezza neoclassica, con Winckelmann aveva decretato l’importanza delle antichità e la nascita dell’archeologia come studio e recupero, i Torlonia commissionano frenetiche campagne di scavo a Roma Vecchia, lungo l’antica via Latina (soprattutto nel primo e nel terzo decennio dell’Ottocento), dove si erano insediati nel 1797, ma anche nella villa dei Quintili, nella villa di Massenzio, a Porto, ed in altre tenute agricole. Non contenti acquisiscono raccolte esistenti sin dal Cinquecento, come quelle di villa Albani, le collezioni Cavaceppi e Giustiniani, un modo come un altro di esigere crediti. Accumulano così una quantità immane di pezzi greci e romani pregiati, busti, crateri, sarcofagi, ritratti, teste, tazze, statue e rilievi, tra essi alcuni assoluti capolavori già menzionati nella storia dell’arte, molti con una lunga vicenda di restauri alle spalle. Si dice fino ad un numero di 620, ma non si sa quanto si sia perso in trasferimenti. Un esercito che, già così schierato, compete e vince contro quelli di qualsiasi altro museo statale al mondo, ancora oggi.
Al punto che Alessandro, uno dei rampolli più acuti e virtuosi del casato, decide nel 1875 di farne un museo in un palazzo di proprietà a via della Lungara, aperto a pochi, formalmente chiuso solo nel 1976. Tra gli anni ’60 e ’70, a seguito del maldestro abuso edilizio di un altro Alessandro, poi sanzionato, che trasforma il palazzo in un condominio di appartamenti residenziali, l’immenso patrimonio viene ammassato nei sotterranei e vi rimane nascosto per decenni. Finalmente, dopo estenuanti dispute familiari tra gli eredi e trattative altalenanti con il Ministero dei Beni Culturali, grazie alll’impegno assiduo di alcuni studiosi, 96 dei 620 marmi vengono spolverati, restaurati ed esposti.
The Torlonia Marbles. Collecting Masterpieces – I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. Villa Caffarelli, fino al 29 giugno 2021. Studio di Salvatore Settis, a cura di Carlo Gasparri, allestimento di David Chipperfield Architects Milano, restauro finanziato da Bulgari.
Giornate Fai d’autunno. Si replica
Dopo quelle di questo fine settimana, le Giornate Fai d’autunno saranno riproposte nel prossimo del 24 e 25 ottobre. Palazzi storici, aree archeologiche, monumenti e luoghi della cultura dimenticati, in rovina e restaurati, sempre chiusi o poco aperti durante l’anno, spalancano le porte alle visite guidate, con l’impegno dei volontari del Fai – Fondo Ambiente Italiano.
A Roma, in linea con i tempi, poche occasioni ma immancabili. Innanzitutto il complesso conventuale di San Pietro in Montorio, normalmente chiuso, sede della Reale Accademia di Spagna e scrigno del tempietto del Bramante, quest’ultimo gioiello del Rinascimento e tra i simboli della grande bellezza. Bisogna quindi spostarsi per conoscere dall’interno il passato dell’Eur, con il Palazzo della Civiltà Italiana, così detto Colosseo Quadrato, emblema del quartiere e tra i miglior lasciti di architettura del Ventennio, ma anche il suo presente, con il Centro Congressi, la Nuvola di Fuksas, forse il più significativo saggio architettonico in Italia negli ultimi decenni.
Poi l’Orto Monastico di San Paolo fuori le Mura, solitamente chiuso al pubblico, esempio tipico di giardinaggio mistico e di intima relazione tra natura e religione cristiana; All’interno del complesso accessibile anche il meraviglioso chiostro medievale del Vassalletto. Infine il Semenzaio Comunale di San Sisto Vecchio, tra Celio e Terme di Caracalla, la struttura nata nell’ottocento come banca dei semi per incrementare il verde pubblico di Roma.