Al Palazzo delle Esposizioni fino al 30 giugno 2019, qualcosa di veramente diverso, Il Corpo della Voce. Carmelo Bene, Cathy Berberian, Demetrio Stratos. In mostra – difficile a concepirsi – la voce umana; non veicolo di parole e significati, ma suono, rumore e musica prodotte dal corpo, inteso, nella sua interezza, come organo fonatorio – sotto questo punto di vista illustrato in dettaglio dallo specialista in Foniatria e Otorinolaringoiatria Franco Fussi – e soprattutto manifestazione di un mistero individuale, quasi un nulla, fatto di aria modulata, scaturito dal profondo in modo irripetibile, che per casuale virtù fa risuonare il corpo, la mente e il cuore di chi ascolta.
E la voce arriva, attraverso i materiali editi ed inediti – foto, video di repertorio, partiture originali, corrispondenze, documenti esposti per la prima volta al pubblico, accompagnati da ricco apparato multimediale – che le due curatrici, Anna Cestelli Guidi e Francesca Rachele Oppedisano, hanno raccolto riguardo l’opera di tre grandi sperimentatori, avanguardisti della voce della seconda metà del novecento.
Demetrio Stratos (1945-1979), partito dalla canzone e dal rock, è stato forse il primo a riscoprire la dimensione rituale della voce umana, riportando in luce, con le sue diplofonie e difonie, potenziali vocali sentiti sino ad allora solo durante esotici riti religiosi o prodotti da malattie agli organi fonatori. La cantante Cathy Berberian (1925-1983), andando oltre la lirica, ci ha regalato la suggestione visiva, immaginifica della voce. Carmelo Bene (1937–2002), ripudiando il teatro di scrittura (la “prosetta”, come diceva sempre), distorceva, amplificava o mortificata la voce, affinché, in quanto phoné-rumore, potesse annientare i significati e comunicare l’indicibile.[Continua]