Fino al 20 gennaio 2019 al Palazzo delle Esposizioni Pixar 30 anni di animazione. Nel 1986 Steve Jobs acquisisce la Industrial Light & Magic (ILM) e la chiama Pixar. La ILM, nata come costola per gli effetti speciali del gruppo fondato da George Lucas, nel tempo, soprattutto con l’apporto di Edwinn Catmul del New York Institute of Tecnology e di Alvy Ray Smith III, si trasforma in computer division e prima, avveniristica fucina al mondo di grafica computerizzata applicata all’animazione. I due introducono concetti e procedure oggi imprescindibili quali “z-buffering” e “texture mapping”, fanno passi avanti nel “rendering” e nel “compositing digitale”, e contestualmente pongono le basi delle risorse software e hardware in grado di rendere queste innovazioni produttive.
Solo però quando entra in scena l’animatore John Lasseter si intuisce che, con le nuove tecnologie digitali, l’immagine per la prima volta può essere costruita tale e quale quella uscita, sotto forma di segni su carta, dalla mente del disegnatore e che è possibile inserirla in un flusso di altre immagini altrettanto perfette. Il controllo su colore, linee, profondità e ombre è totale, il dominio su ogni punto dello schermo diventa quasi assoluto. La distanza tra pensiero ed immagine tende a zero. La Pixar raccoglie questa eredità che la porterà, dopo un accordo commerciale con la Disney, alla realizzazione del primo film totalmente in computer grafica, Toy Story, uscito nel 1995.
“Controllo completo” è forse la chiave con il quale molti film della Pixar rovistano e sommuovono gli scantinati di memoria ed emozioni di adulti e bambini del Pianeta. Il processo di produzione cinematografica – con un metodo non nuovo ma, appunto, mai così perfettamente applicato – duplica il meccanismo con il quale i bambini, per lenire l’angoscia in un universo sostanzialmente inspiegabile, di conseguenza incontrollabile, eleggono micro-mondi domestici, familiari, al solo scopo di esercitare su di essi una completa, umana giurisdizione, per di più facendo leva su una fantasia alimentata non più dalle fiabe ma dalla loro pur limitata esperienza della realtà. Tutti potrebbero ritrovare nella propria infanzia qualcosa di simile a mobili di casa abitati da civilissime società di esserini, villaggi di legnetti al parco, pozzanghere come oceani. E quindi anche giocattoli dotati di vita propria, insetti organizzati in eserciti, colonie di topi conformisti o ribelli.[Continua]