Con il nome di Sepolcro di Sant’Urbano si indica uno svettante edificio in laterizio al quarto miglio dell’Appia Antica, dalla forma di tempio con ingresso a scalinata e grande aula quadrangolare, quest’ultima mossa sul perimetro da due nicchie della stessa forma e da un’abside semicircolare. Compreso in una proprietà privata, come altri monumenti sull’antico tracciato, da tempo immemorabile non è accessibile al pubblico ed è mortificato dall’arbitrio degli abusi edilizi.
La sua storia è presto detta. Nel 1879 i Fratelli Giambattista e Bernardo Lugari, rispettivamente porporato ed ingegnere, acquistano dai Torlonia il terreno; nel 1880, a scopi del tutto filantropici, vi conducono una campagna di scavo a loro spese. Scoprono così le rovine di una villa rustica di età imperiale e appunto del Sepolcro, affrettandosi ad attribuire la prima alla matrona Marmenia e identificando il secondo con la sepoltura di Sant’Urbano papa (223-230?), le cui spoglie vi sarebbero state traslate dalla matrona stessa dopo la sua conversione al cristianesimo. Per inciso, in materia nulla di certo, a cominciare ad esempio dall’identità di sant’Urbano, se si tiene conto del fatto che nella letteratura martiriologica con questo nome sono indicati più martiri seppelliti nelle vicine catacombe, e che Urbano I, il papa, secondo questa interpretazione, sarebbe dovuto diventare martire sotto l’entourage di Alessandro Severo, un imperatore che tutte le fonti indicano come tollerante al limite della benevolenza nei confronti dei cristiani, come di qualunque altra religione esistente in quel momento nell’Impero.[Continua]