Presso la sede storica del Centro Sperimentale di Cinematografia, in via Tuscolana 1520, per le date del 4 e 5 novembre 2013, – con una coda il 9 novembre nel corso del Festival Internazionale del Film di Roma per presentarne i risultati -, il Ministro dei beni delle attività culturali e del turismo, Massimo Bray, ha convocato esperti e studiosi per fare il punto sulle condizioni del cinema italiano. Tre diversi tavoli di discussione si susseguiranno nel corso della conferenza, che però partono dal denominatore comune della constatata cronica debolezza della filiera produttiva. L’importanza culturale ed economica del cinema l’Italia l’ha sperimentata nel dopoguerra motu proprio, con un movimento creativo ed imprenditoriale spontaneo, forse superiore a quello di molte altre cinematografie, che ha avuto un influenza fondamentale sull’immagine e quindi sull’economia del nostro Paese, contribuendo a ristabilire tra l’altro un contatto proficuo con le democrazie occidentali – si pensi al neorealismo, alla commedia ecc..
Il grande apporto creativo e il know how tecnico che il nostro cinema ha saputo costruire non sono stati mai sostenuti però da una vera industria produttiva e distributiva organizzata, rimenendo sempre legati a produttori appassionati ed isolati ed ai contributi statali. Da ciò incassi precari, invasione hollywoodiana, e scarsissima presenza sui mercati esteri.
Oggi la digitalizzazione e la crescita dei grandi distributori di contenuti su internet, accompagnati da un forte aumento della pirateria, pongono pericoli ma anche oppurtunità da cogliere.
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