Due artiste-performers si chiudono in uno stambugio di qualche metro quadrato per 24 ore di fila. Non curanti della notte e del giorno, mentre una di esse traccia una linea lungo le pareti bianche, l’altra incalza da presso, cancellandola. Il pubblico non può assistere se non attraverso piccoli fori praticati in una parete, oppure per mezzo dello schermo di un portatile collegato ad una telecamera installata all’interno, in streaming per un certo numero di ore.
Questa estenuante battaglia, avvenuta il 29 aprile, è OLO o della danza del tutto, opera di LU.PA , il duo formato da Lulù Nuti & Pamela Pintus; secondo appuntamento del ciclo Dialogues, un progetto della galleria Spazio Y al Quadraro che unisce in coppia artisti di varia provenienza per vedere cosa succede. Dal 3 maggio fino al 31 a disposizione del pubblico le tracce lasciate dalla preformance e la registrazione video.
Non proviamo interpretazioni, che del resto trovate nel testo di Valentino Catricalà, ma notiamo come la pratica artistica che non risparmia il corpo dell’artista ha subito dagli anni settanta una certa evoluzione. Dall’esporlo inerme a pericoli, violenza, autolesionismo ed inutili quanto complessi interventi chirurgici, ora lo si manda semplicemente a sondare la lenta erosione del tempo. A partire, ci sembra, dalla Abramovic di the artist is present, calato in un contesto definito, meccanicamente fissato da regole rigide (per esempio, non si può parlare, non ci si può sedere, non si può uscire, non ci si può fermare, ecc.), a volte senza limiti di inizio e fine, l’artista, paziente allo sfinimento, fa esperienza del tempo non deformato dal soggetto, dalla volontà, purissimo, privo di coordinate. Ci aiuta così a scoprire che il controllo del tempo, pur illusorio, è fonte di allucinazioni.
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