Il 21 giugno, assumendo in pieno lo spirito della prima Festa della Musica tenuta nel 1985 su iniziativa del ministro francese Fritz Lang, e nel rispetto della Carta di Budapest, anche Roma tiene, come le altre città italiane ed europee, la giornata in cui al popolo di professionisti, studenti e cultori amatoriali della musica e del canto è permesso dare sfogo alle loro doti e alla loro passione per strade, piazze e parchi. Naturalmente secondo i termini di iscrizione e le regole, prima fra tutte l’assoluta gratuità, indicate nella guida alla manifestazione. Al momento il programma è reperibile agli indirizzi http://www.festadellamusicaroma.it/programma/ e http://www.festadellamusica.beniculturali.it/index.php/it/lazio/109-roma?layout=; su quest’ultimo in particolare una comoda mappa di Roma per navigare facilmente tutti gli eventi previsti.
All’epoca della sua nascita questa, come altre iniziative, erano gli inevitabili traguardi con cui la politica portava a compimento le istanze di partecipazione delle generazioni rivoluzionarie appena precedenti, contro l’egemonia del mercato e la netta distinzione tra il capitale produttore di cultura e la grande massa di fruitori consumatori. Oggi, al contrario, in un epoca in cui esprimersi è diventato infinitamente più agevole, e nella quale vige quella che qualcuno ha chiamato la censura del rumore, la sfida potrebbe essere preservare ciò che con un termine abusato si chiama “qualità”, se non nel mondo virtuale di internet almeno per le vie, le piazze delle città e nei luoghi deputati alla fruizione dal vivo. Non possiamo nasconderci, tanto per fare un esempio, che la maggior parte di quello che si sente improvvisare nella metropolitana, in centro, vicino ai monumenti e nei pressi dei mercati, è una colorata esplosione di libertà ma non certo un progresso per l’arte e per la musica.
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