Le sneakers, una volta in Italia le chiamavamo scarpe da ginnastica, sono il feticcio, l’ombelico commerciale, il toccabile, visibile, acquistabile immanente della urban culture, o street culture, come si preferisce. Niente di nuovo, cosa successa nel tempo ad altri capi d’abbigliamento e non. La urban culture è – ma su questo semplicemente non c’è accordo unanime – il canale attraverso cui si esprimono le comunità spontanee, essenzialmente giovanili, che abitano e vivono per le strade delle grandi metropoli, ormai dagli anni ’50, certo in modo ogni volta radicalmente diverso, ma sempre in contrasto con la cultura ufficiale, accademica, politicamente imposta dall’alto. I ragazzi escono dagli edifici termitaio, dilagano negli spazi fatti di cemento e nient’altro di città che loro non hanno contribuito a progettare, e li rendono propri, con musica, arte, danze, modi di vestire, atteggiamenti nuovi. Hip Hop e graffitismo sono un esempio.
Ginnika (14 e 15 settembre 2019, Ragusa Off), quest’anno alla sua sesta edizione, è partita proprio come esposizione di sneakers per diventare uno degli eventi di punta della urban culture in Italia. Cultura giovanile e brand internazionali si ritrovano per due giorni presso l’ex-rimessa Atac di via Tuscolana, con live show, workshop, marketplace scarpe e abbigliamento, tornei sportivi, ristorazione di strada e birra. Come sempre non è pacifico discernere quanto le culture urbane restino un giacimento di idee, oggetti e immagini originali e quanto viceversa, appena un attimo dopo essere venute alla luce, diventino colonie delle multinazionali.
Lascia un commento