Walter Veltroni nel 2005, da sindaco sempre prodigo nei confronti dell’immaginario, acquistò da una società di Perugia (acquirente a sua volta del collezionista svedese Peter Pluntky), per 5 milioni e 400 mila euro quella che ancora adesso viene definita “la più grande collezione di giocattoli d’Europa”. 10.664 giocattoli con 33.000 componenti, dei quali molti risalenti al periodo tra il XIII e XV secolo, il maggior numero costruiti tra il 1860 e il 1930 in Germania, Svezia, e in minor misura in Inghilterra, Francia, Italia e America. Bambole finemente abbigliate nelle loro minuziose case delle bambole, giochi da tavolo, burattini, soldatini, guerrieri di ogni epoca, fortezze, treni, automobiline, cavallucci a dondolo e tutto quanto si possa pensare sotto la voce “giocattolo”. Per non parlare di un immenso archivio di fotografie e una biblioteca di 3.000 volumi.
L’intenzione era quella di dar vita ad un grande museo del giocattolo di Roma Capitale nelle complesso delle ex Scuderie Reali e delle Serre di villa Ada, sito in rovina da restaurare con ulteriori investimenti. Come spesso avviene in Italia, l’avvicendamento di giunte con opinioni diverse e alcune difficoltà poste dal sito scelto hanno impedito fino ad oggi la realizzazione del progetto, e la collezione di giocattoli continua a prendere polvere nei depositi della Centrale Montemartini, dopo aver persino rischiato ad un certo momento di essere rivenduta in perdita.
Con la mostra Ra-ta-ta-ta, bang-bang, si gioca, un piccolo estratto di 137 pezzi della collezione datati prevalentemente tra il 1860 e il 1930, su iniziativa dell’Assessorato alla Crescita culturale di Roma, è esposto fino al primo marzo 2020 presso il Museo delle Mura di Porta San Sebastiano, per lo più giochi di guerra, soldatini, fortini, carri armati, armi, aerei e navi, in tema con l’antica funzione difensiva della location.
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