Mostra di arte contemporanea concepita dalla Science Gallery del Trinity College di Dublino e da molti anni in giro per il mondo, anche se non sempre uguale, Human+ approda al Palazzo delle Esposizioni e vi rimane fino al primo luglio 2018. Foto, filmati di performance, installazioni interattive, per lasciare intravedere con gli strumenti dell’arte il futuro che molti credono sia già il presente. La biotecnologia, la robotica e l’intelligenza artificiale possono e potrebbero ancor di più in futuro potenziare le capacità e l’aspetto fisico, spostare l’aspettativa di vita e serializzare il modo di nascere, così come creare un nuovi concetti di salute e di malattia e rendere l’ambiente del tutto artificiale. Potrebbero essere in grado di modificare la percezione della realtà, i modi di relazionarsi con gli altri e quindi condizionare, se non proprio forgiare i sentimenti; sarebbero insomma in grado di svolgere lo stesso ruolo della spinta evolutiva attraverso la quale la natura ha modificato gli esseri viventi nel corso di milioni di anni, ma, almeno in apparenza, sotto il controllo dell’uomo e con un’inedita accelerazione.
Un muro di occhi robotici disincarnati segue i movimenti dello spettatore, quasi a stabilire relazione emotiva (Area V5, Louis-Philippe Demer); un elmetto specchiante, se indossato, offre una visione del mondo al rallentatore (Decelerator Helmet, Lorenz Potthast); sculture iperrealistiche di bambini, ciascuno con una modifica del corpo eseguita chirurgicamente. Ogni modifica è progettata per risolvere un potenziale problema futuro per il bambino, malattie, disabilità, difficoltà ambientali (Transfigurations, Agatha Haines). Queste solo alcune delle opere esposte. L’arte trascura l’esattezza di dati e prevede, suggestiona suggestionandosi, tende a riassumere tutto in un’immagine, anche il futuro; a volte capita che quell’immagine crei il futuro.
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