Dopo i 97000 visitatori a Como in cinque mesi, Doron J. Lurie e Sergio Gaddi, assessore alla cultura del comune della città lombarda, in qualità di curatori propongono al Chiostro del Bramante dal 18 dicembre fino a 2 giugno 2013, la mostra sulla saga familiare dei Brueghel, pittori fiamminghi, tra XVI e XVII secolo. Cento e più tra dipinti e opere grafiche, già a Como, arricchite di un’altra ventina, per dar conto della singolare vicenda di una famiglia che ha coniato un linguaggio unico nella pittura fiamminga e rinascimentale. In realtà troviamo difficile una valutazione dell’esposizione senza aver visto quella di Como, al di là per l’ammirazione preventiva da attribuire l’indubbia destrezza nel raccogliere un insieme cospicuo di opere disseminato in moltissime collezioni private e musei stranieri e italiani quali Kunsthistorisches Museum di Vienna, il Palais des Beaux arts de Lille, il Tel Aviv Museum of Art, il Bonnefantenmuseum di Maastricht, la Pinacoteca Ambrosiana di Milano, il Museo di Capodimonte di Napoli.
Poi non sappiamo quanta parte dell’esposizione è dedicata al capostipite della stirpe oltre che inventore dello stile Peter Brueghel il Vecchio, morto nel 1569. Nei siti si fa notare la presenza de I sette peccati capitali di Hieronymus Bosch, suo ispiratore, e la Resurrezione, per soggetto e stile non proprio rappresentativa della sua pittura. L’inaccessibilità di molte delle sue opere detenute in collezioni private probabilmente ha fatto pendere la scelta sulle copie, imitazioni e originali dei figli e dei nipoti che ben seppero sfruttare la vena commerciale del marchio di famiglia.
A cominciare dal primogenito Peter Brueghel il Giovane, piatto imitatore della vena rurale del padre, e Jan il Vecchio detto dei Velluti, che invece trova la sua strada partendo dall’attenzione realistica, molto fiamminga, al dettaglio, ma con una precisione pittorica e coloristica che lo affranca dalle influenze; primo a vedere nelle composizioni floreali delle nature morte, ma con una tale originalità da liberarle dal loro valore simbolico annesso alla caducità e alla morte.
E poi ancora, per tutto il ‘600, il figlio di quest’ultimo Jan il Giovane, nella cui numerosa prole si distingue Abraham, valente pittore anch’esso di nature morte e viaggiatore come il padre e il nonno. http://www.brueghelroma.it/.
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