Stiracchiate appaiano le motivazioni per giustificare un qualche legame tra le opere contemporanee delle artiste Paola Romano e Patricia Del Monaco e, rispettivamente, la forza illustrativa delle lune Galileiane autografate nel Sidereus Nuncius (1610), e il naturismo teatrale di Stefan Cousyns delle 132 tavole realizzate per Hortus Regius Honselaerdicensis (1688). Ma i due manoscritti, entrambi concessi in esposizione dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, da soli, insieme alla mostra sui capolavori del Museo d’Orsay, rendono memorabile una visita al Vittoriano. Il primo, in special modo, è di quelli che hanno cambiato completamente le sensazioni che gli uomini hanno stando di fronte al creato. Eppure Galileo non aveva fatto altro che prendere il cannocchiale, attrezzo per quanto sorprendente già abbastanza diffuso, e puntarlo verso il cielo sfidando i rigori notturni; dopo calibrate annotazioni metteva per iscritto quanto visto in un latino meccanico e glaciale, e aggiungeva accanto scarne ma precise illustrazioni di lune, stelle ed vari altri corpi celesti. Eppure da allora la luna è un corpo rugoso e butterato, Giove ha altri oggetti celesti che gli girano intorno, e in cielo ci sono molte più stelle e più lontane di quanto ne possiamo immaginare.
E così, anche se con qualche intoppo, abbiamo incominciato a convincerci di non avere nessuna esclusiva sulla centralità nello spazio, che l’universo e per noi infinito e che la terra e il cielo sono più o meno fatti della stessa materia. Similitudine e contrasto. Paola Romano e Patricia del Monaco.
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