Il circo per sopravvire nel nuovo millennio da poesia povera e antica doveva diventare industria: Guy Laliberté, ex mangiafuoco di strada, ha mescolato gli ingredienti della metamorfosi. Il Cirque du Soleil produce profitti, al punto da renderlo ricchissimo, perchè nasce dai soldi, così tanti da esaudire qualunque desiderio. Ma anche dalla favola, holliwoodianamente intesa, del bene trionfante – James Cameron regista di Avatar e Titanic non a caso ne ha fatto un film in 3D – quando un tempo era stato un serie frammentaria di esibizioni; ed infine dalla produzione in proprio di ogni singolo elemento spettacolare, dalla musica alle coreografie fino agli effetti speciali ad alta tecnologia. Il numero circense, anche di alta scuola, non è il fine ultimo dell’allestimento, il coronamento dell’attesa, la tensione totale ed istantanea dei nasi all’insù, ma un tassello transitorio, una pausa incastonata nel più grande e multiforme spettacolo del mondo. Certo, la mancanza di animali rende la scena, se possibile, ancora più virtuale, e non poteva essere altrimenti per uno forma di divertimento che volesse definirsi moderna e superare l’esame del corretto credo ecologico di inizio millennio.
Ma quando quest’estate a Las Vegas durante lo spettacolo Ka, l’acrobata Sarah Guyard-Guillot non aggancia un cavo di sicurezza, cade da 15 metri e riporta lesioni che ne provocano la morte poco dopo in ospedale, per la prima volta l’ingranaggio mostra un dente consumato, e per un momento ritorna il sapore antico, segretamente sadico, che un tempo calamitava in nasi verso l’alto. Cirque du Soleil – Dralion, dall’8 al 17 novembre 2013.
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