Ascoltando il canto a filo di voce di Matteo Salvatore si arriva al confine di un territorio sconosciuto, sull’orlo di scenari antropologici diversi da quelli in cui viviamo quotidianamente. Con un po’ di volontà e pazienza riusciamo a sentire riaffiorare dalle profondità dei millenni il tono afflitto, rassegnato, ma sarcastico dei popoli, delle masse povere, oppresse e legate alla terra; una voce ormai aliena, appunto antropologicamente, almeno per gli occidentali di oggi; ascoltando le sue nenie ci si può avvalere di visuali che potremmo considerare quasi perdute, ci si può riavvicinare a culture inermi e fatalisticamente assoggettate, escluse dalle raffinatezze del potere, anonime, immobili e uguali nel tempo di un’eterna preistoria. Apricena, il Gargano, il lavoro e la fatica, la caligine arida sotto uliveti e mandorleti e il canto. Un lamento che in tutto questo riassume l’infanzia indifesa del popolo e dell’uomo. Fino al 15 dicembre 2013 Moni Ovadia interpreta le canzoni di Matteo Salvatore al Teatro Vittoria nello spettacolo Prapatapumpa, padrone mio ti voglio arricchire, con i brani già cantati al Petruzzelli di Bari a febbraio 2012 dallo stesso Ovadia insieme a Lucio Dalla, poco prima della morte di quest’ultimo. http://www.teatrovittoria.it/spettacoli/in-abbonamento/115-prapapum.html
Per Matteo Salvatore, molto conosciuto all’estero, questo documentario francese
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