Il pubblico occidentale non lo sa, ma la cinematografia dei paesi del sud del mondo – inclusi quelli la cui la crescita del Pil a due cifre si nutre delle vite sfruttate degli individui – produce anche commedia. Sarà che a quanto percepiamo lontano, non solo geograficamente, attacchiamo etichette semplificatorie come meraviglioso, sublime, vero, o all’opposto terribile, disastroso, squallido, penoso; in ogni caso esso non si adatta alla risata come fa ciò che ci è vicino e conosciamo alla perfezione, a cominciare da noi stessi. In questo senso l’allegria è una forma di conoscenza più esatta dell’angoscia, una scienza sperimentale, un esercizio razionale che non abbiamo il coraggio di applicare a quanto siamo convinti di dover guardare con pietà, commozione, senso di colpa. Ma oggi parte di quel mondo è nei nostri quartieri ed ecco il cinema degli altri continenti, senza musi lunghi, ferite insanabili, situazioni disperate, denuncia, ma con sorriso, ironia e spirito leggero su società, usanze, e problemi legati alla migrazione e alla integrazione in tessuti sociali, a loro modo altrettanto precari, come quelli delle nostre periferie urbane. Guardie e ladri e Soliti ignoti invece che Ladri di biciclette. Povertà, ingiustizia, guerra e cultura sessista come sfondo quasi neutro alla vita quotidiana che reclama la normalità, la routine, anche quella del sorriso. “Karavan, il sorriso del cinema migrante” è la manifestazione organizzata dall’associazione Bianco e Nero che dal 26 al 30 novembre 2014, nel quartiere multietnico di Tor Pignattara, all’interno di una ex sala consiliare recuperata del V Municipio porta le commedie provenienti da Cina, Brasile, Bangladesh, Azerbaijan, Costa d’Avorio, Palestina e Rwanda. Il programma completo su http://www.karawanfest.it/.
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