La scultrice Patrizi Lottini presso Sala Santa Rita, da oggi fino al 2 marzo 2013, espone gratuitamente le sue sculture composte in figura di animale da materiali metallici di risulta, quanto rimane di antichi attrezzi di lavoro, come di parti di veicoli agricoli, ammucchiati o sepolti nel terreno, che la sua fattoria in Maremma, come tutte le fattorie, nascondono in quantità. Lumache, tartarughe, galli, istrici, sono in realtà ripiegature e assemblaggi di vanghe, badili, zappe, forconi, ma pure parti di rottamati trattori e vecchie automobili, con tutta la loro ruggine e memoria. Un operazione non semplice; e non ci riferiamo alla fantasia e alla perizia manuale che occorre alla scultrice nel mettere in pratica il suo proposito. In realtà ci pare uno dei modi possibili per chiudere il cerchio tra natura, umanità e cultura, e facendo ricorso alla manipolazione artistica, ci aiuta a vedere l’artificio intellettuale di certo ecologismo estremo che le vorrebbe separate. La rivoluzione industriale, la macchina nelle campagne, la tecnologia di ieri, costituiscono occasione di riflessione poetica e stimolo emozionale quanto un orizzonte, un albero o gli animali del bosco, e questo – chi di noi non l’ha provato tornando al paese o girando per agriturismi – aldilà del fatto che qualcuno si impegni nel assemblaggio di frammenti da portare infine in un museo.
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