Il 12 novembre 2014 Stefano Bollani è ospite a La Feltrinelli di via Appia Nuova per presentare l’uscita Sheik Yer Zappa, il cd che raccoglie alcune registrazioni effettuate nel 2011 durante il suo tour dedicato alla musica di Frank Zappa. La Band di livello internazionale vede Jason Adasiewicz al vibrafono e Josh Roseman al trombone, i due strumenti zappiani per eccellenza, Larry Grenadier al contrabasso, Jim Black alla batteria. Insieme per una musica che, partendo da alcuni brani tra i più conosciuti e dissacranti del musicista – Bobby Brown Goes Down, Blessed Relief, Peaches En Regalia, Uncle Meat – prende poi la propria originalissima strada. Di Zappa rimane, a detta dello stesso Bollani, lo spirito di saccheggiatore dei generi che riesce costruire la propria successione di suoni, complessa profonda originale, da tutta la musica passata e presente che c’è nell’aria. Il pianista però condivide con l’inclassificabile genio italo-americano anche un rapporto non ingenuo, nobilmente tecnico con la musica e la sfida aperta al pop con i mezzi del pop; non molti l’hanno fatto. Il Pop è mercato, è superfice, è adolescenza e ricordo personale sommati a melodramma, si nutre di tutti i folklori locali ma ne conserva solo lo stereotipo, è colonna sonora in un paesaggio urbano in cui tutto si assimila al cinema e alla finzione a scopo pubblicitario, è musica per chi non ha il tempo di ascoltare musica; il pop, al di la dell’ambito musicale insomma è l’arte di tutti e per tutti. Di fronte a questo virtù tentacolare si deve venire a patti.
Ogni azione creativa infatti ha una ricaduta culturale se si rivolge a tutti coloro che hanno l’opportunità di venirne a contatto, e oggi potenzialmente quel tutti è veramente tutti; ma la ricaduta è tale anche se poggia su regole, tradizione, scuola, memoria tecnica, e tutto quanto eviti l’appiattimento sul presente. Bollani come Zappa incominciano a fare musica irridendo il pop, appena questo, nel giro di pochi secondi, ha assolto il suo compito.
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