Potrebbe essere una proposta provocatoriamente intellettualistica, quindi inutilmente difficile. Vinciamo la pigrizia e ripercorriamo il messaggio musicale e artistico che Cage e il coreografo Cunningham ci hanno trasmesso dagli anni cinquanta fino alla morte del compositore nel ’92. The Silent Cage. Un omaggio a John Cage è lo spettacolo della compagnia Aton Dino Verga Danza al Teatro Greco che ce lo ripropone dal 11 novembre, tutte le domeniche fino al 23 dicembre 2012, con alcune date extra per le scuole di danza. La percussione e il ritmo, poi la spersonalizzazione e la pura casualità nella produzione del suono, poi il silenzio. Questa la sintesi del percorso che porta Cage all’annichilimento della figura dell’artista, in questo caso il musicista, come artefice genio e creatore assoluto di ciò che il mondo deve guardare leggere ascoltare; in realtà la dissoluzione di quell’elemento che ci consente di esistere ed esprimere, ma nello stesso tempo costituisce la più grande pestilenza per l’uomo: l’Io, le storie che lo raccontano e quelle che lui vuole raccontare, la miseria che si impone come prepotenza.
Cunningham lo segue a ruota e produce una danza avulsa dai suoni prodotti dal sodale e compagno di una vita, distaccata da uno schema prestabilito, priva di un atto creatore, altrettanto casuale; da lui abbiamo imparato il termine performance.
Non dimentichiamo nel loro rapporto con l’Italia, oltre all’apparizione negli anni ’50 a Lascia o raddoppia con la sua Water Walk davanti ad un esterrefatto Mike Bongiorno, la collaborazione artistica con il povero Demetrio Stratos in di cui ricordiamo il Sixty-two mesostics Re Merce Cunningham del’71.
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