Le Carte Ritrovate. Alle 17.30 del 25 luglio 1943 Mussolini viene arrestato e portato via in ambulanza (chissà perché in ambulanza) per ordine di Vittorio Emanuele III, con il quale ha appena concluso un udienza a villa Savoia. E’ la conseguenza, in alcun modo prevista dal dittatore, della notte in bianco appena trascorsa a Palazzo Venezia insieme ai gerarchi fascisti, per la prima volta dall’inizio della guerra convocati nel Gran Consiglio. 19 su 28 tra essi estromettono il dittatore dal vertice del partito e dello Stato, dopo 21 anni di potere assoluto, pensando così di sciogliere il nodo che lega a lui il destino dell’Italia, e di conseguenza uscire senza troppi danni dal disastro bellico che si sta profilando con l’invasione della Sicilia da parte degli Alleati, incominciata il 10 dello stesso mese. Un abbaglio anche il loro.
Mussolini, sollecitato dai gerarchi, ma preoccupato egli stesso di non potere più mentire agli italiani sull’andamento della guerra, aveva convocato il Gran Consiglio il 18 luglio. Nel pomeriggio del 24 l’assemblea è riunita, ma solo alle 12 e 15 Dino Grandi – il gerarca dal viso così contemporaneo da sembrare inserito con un montaggio alla “Zelig” nei cinegiornali dell’epoca; il notabile, mai completamente integrato nel sistema, che dialoga con le democrazie occidentali – presenta un ordine del giorno nel quale, con linguaggio appena velato di diplomazia, sostiene che, data la pesante situazione, sarebbe necessario restituire alle istituzione statuali la loro funzione. Ma tutti intuiscono intenda che sarebbe urgente togliere di mezzo il Duce. Carlo Scorza, segretario del Partito Fascista – lui sì dal viso remoto quanto le foto dei bisnonni – invita il Consiglio a non votare l’Ordine, ma, dopo l’intervento di Grandi, alle 2 e 40 l’Ordine viene messo a votazione e approvato con apprezzabile maggioranza.
Mussolini, pietrificato e scarsamente reattivo, forse complice un’ulcera, ritorna dalla moglie alle 4 del mattino circa. Il tempo di riprendersi e nel pomeriggio va in udienza da Vittorio Emanuele, convinto che, come per tutti i vent’anni precedenti, il sovrano sarebbe stato dalla sua parte e avrebbe aggiustato tutto. Il Re questa volta invece ritiene che ad ostinarsi sarebbero venuti guai peggiori e ordina di arrestarlo. Alle 22 e 45 del 25 la radio annuncia le dimissioni di Mussolini, con tutte le conseguenze tragiche che sappiamo.
Grandi nella fatidica notte aveva chiesto invano fosse redatto un documento che registrasse tutti gli interventi. Solo il giorno dopo però, alcuni dei gerarchi, tra i quali Bottai e Grandi, immaginiamo distrutti, si riuniscono a casa di Luigi Federzoni e scrivono un verbale sulla base degli appunti frettolosamente presi a matita dallo stesso Federzoni durante il Gran Consiglio. Quel verbale e quegli appunti, nei quali gli studiosi sperano di trovare novità sulla fine del Fascismo, sono state recuperate dalla Direzione Generale Archivi nel 2016 durante un’asta, insieme a tantissime altre di interesse pubblico e privato dell’Archivio Federzoni, e sono esposte fino al 30 giugno 2017 presso l’Archivio Storico Capitolino.
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