Prorogata fino al 17 febbraio Urban Survivors. la mostra organizzata dal Medici senza Frontiere con le foto di Noor, una sorta di collettivo di fotografi e video-documentaristi impegnati nelle periferie più povere del mondo, presenti laddove l’organizzazione umanitaria opera. Un quadro da non trascurare per chi vuole comprendere la violenza, il degrado, l’assenza di diritti, la malattia e la povertà sul pianeta e i meccanismi che li generano. Cinque città, cinque denunce dello sfacelo.
A Dacca, nella zona peninsulare di Kamrangirchar, tre kilometri quadrati di discarica bastano a 400.000 persone per abitare. La gente vive nell’immondizia, respira i veleni, fa il bagno e lava gli indumenti nell’acqua del fiume Buriganga, una cloaca a cielo aperto dove le industrie della città riversano i loro mefitici scarti.
In Sudafrica, Nel cuore di Joannesbourg c’è un quartiere di edifici alti, abbandonati e bui. Dentro abitano persone migrate dal mondo, clandestini, senza permesso di soggiorno, senza diritti e terrorizzati di essere scoperti e cacciati. la loro è una casa prigione, nascondiglio, squallido rifugio e unica speranza.
A Port au Prince, città terremotata, Martissant è un posto gonfio di 300.000 povere anime, ma anche di armi, sparatorie e omicidi. La legge la fanno le bande armate che ogni giorno riscuotono dal popolo tributi di sangue, violenza e sopraffazione, con la stessa convintà cecità del terremoto.
A Karachi in Pakistan le alluvioni nel paese continuano a portare famiglie, donne, bambini, e con loro, malnutrizione, malattie, mancanza d’igiene e infezioni. Alcuni di essi non sanno nemmeno dell’esistenza di acqua pulita e medicine. La rete viaria della città moderna, che per gli altri è solo un transito, è diventata la loro casa.
A Kibera, appena fuori Nairobi, intere famiglie vivono tra le lamiere di sordide abitazionì di fortuna, senza servizi. Percorrere le strade e raggiungere i pochi bagni pubblici, la sera fuori dalle abitazioni, è una scommessa sulla propria incolumità. Tutti fanno i bisogni in sacchetti di plastica che poi lanciano per strada.
Lascia un commento