In questi giorni i turisti, passeggiando sul Palatino, possono incontrare improbabili architetture e strani oggetti che sembrano planati per caso tra le rovine millenarie dei palazzi imperiali. Sono le opere di alcuni dei maggiori artisti dell’arte contemporanea internazionale, di quella presente come di quella del secolo scorso, create a posta per essere esposte sul colle oppure provenienti dalla raccolta del costruttore collezionista Tullio Leggeri.
Nello stadio di Domiziano in fila compaiono una casa sbilenca ispirata dal film di Buster Keaton “One Week” del 1920 di Vedovamazzei, il tempietto ” Gli Occhi di Segantini” di Luca Vitone che riproduce l’atelier del pittore divisionista, e l’altare multiconfessionale di Pistoletto. Nel peristilio della Domus Augustana si trova “Archipensiero”, struttura metallica che decostruisce per poi ricomporre secondo un solo punto di vista le forme di un tempio classico; e ancora sotto le arcate severiane campeggia l’enorme barra metallica rossastra alta 24 metri di Mauro Staccioli, mentre una grande vasca riempita d’acqua con arance e limoni galleggianti segue il tracciato dell’acquedotto neroniano, opera di Anya Gallaccio. Proseguendo si scoprono tra le antiche vestigia un totale di cento opere, realizzate da artisti consacrati come Marina Abramovic, Gino De Dominicis, Marcel Duchamp, Gilbert & George, Joseph Kousth, Barbara Kruger, Richard Long, Allan McCollum, Vettor Pisani, Remo Salvadori, Mario Schifano, Mario Airò, Maurizio Cattelan, Cai Guo-Qiang, Claudia Losi, Paul McCarthy, Sisley Xhafa.
Tutto parte dal concetto di “rovina” con due domande che forse è una sola: cosa dicono le rovine dell’antica Roma che non direbbero senza gli intrusi? Viceversa cosa dicono gli intrusi posizionati in mezzo alle grandiose arcate che non sarebbero in grado di dire altrove? La relazione che si stabilisce tra i manufatti – fatto salvo l’ormai esausto effetto straniante cercato strenuamente negli ultimi cento anni dall’arte moderna – rischia di generare nel visitatore uno stato d’animo distraente, rinunciatario, fatalista. Per quanto ci sforziamo, noi persone normali, di fronte al pesante carico che le rovine portano con sé, di fronte alla loro fondamentale illeggibilità, cui molte volte soccombono gli stessi storici e archeologi, esitiamo, con un pensiero a mala pena balbettante; dovremmo allora lasciarci assorbire dalla presenza aliena che ci pone altri quesiti e che con essi ha il compito condurci, privi di sensi colpa, verso un vuoto più leggero e rassicurante. Da Duchamp a Cattelan. Arte contemporanea sul Palatino
Lascia un commento