Un’estesa copertura mediatica internazionale (The Guardian, Reuters, BBC, per citare alcune testate) pone in risalto il ritrovamento della statua a grandezza naturale di un personaggio nelle vesti di Ercole all’interno del Parco Scott (secondo miglio dell’Appia Antica, nei pressi della Tomba di Priscilla), avvenuto durante scavi di notevole profondità effettuati per riparare delle condotte fognarie primo novecentesche.
Al momento si sa solo che il reperto, probabilmente inabbissato in loco, inavvertitamente o meno, durante la costruzione del condotto fognario, non è stato trovato nella sua sede originaria e di conseguenza non è di immediata datazione; che raffigura forse un personaggio storico: gli archeologi azzardano, per confronto del viso con effigie su monete e per le famigerate rughe d’ansia repubblicane di nuovo in auge nel III secolo d.C., egli sia l’Imperatore Decio Traiano, 249-251 d.C.. L’unica cosa certa è che egli si è fatto immortalare nel marmo con indosso la leontè, la pelle del leone Nemeo, ed equipaggiato di clava e faretra, armi e bagagli universalmente attribuiti all’eroe Ercole.
Da qui forse il clamore del ritrovamento, peraltro avvenuto a 20 metri circa di profondità. L’usanza degli imperatori romani di auto-divinizzarsi sotto le spoglie di Ercole, poteremmo chiamarla eracleismo ideologico, inizia probabilmente con Adriano (senza dimenticare che in materia il primo riferimento è Alessandro Magno) e prosegue nei secoli successivi, documentata molto bene dalla numismatica, ma obiettivamente da poche testimonianze statuarie; alcune peraltro splendide come quella di Palazzo Massimo attribuita a Traiano e il certissimo, celeberrimo busto di Commodo dei Musei Capitolini. Archeologi e restauratori pensano che dopo pulitura e restauro si possa essere in tempo per esporre la statua nella mostra Patrimonium Appiae, Depositi Emersi.
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