Roma San Giovanni
Museo storico della Fanteria – Ligabue. I misteri di una mente. Psichiatri e psicanalisti danno un nome alle manifestazioni primitive. Allo stato di trance in cui si imitano i gesti e i versi degli animali, durante lunghe sessioni sciamaniche. All’identificarsi, per mezzo di prolungate assenze mistiche, con l’animale; ad essere propriamente l’animale, come, disegnandolo sulle pareti delle grotte, tentavano di fare i primi artisti nel paleolitico. A questo vagare tra il bosco e la golena del grande fiume diffidando degli altri esseri umani, a loro occasionalmente riservando eccessi di teatrale, innocua aggressività.
Lo chiamano disturbo bipolare o di personalità schizotipica, perché serve un nome per quanto emerge, per ciò che si distingue dal resto, che esiste ed è reale anche se in genere intangibile sotto una spessa coltre di cultura millenaria. Antonio Laccabue, poi Ligabue, ha vissuto e rivissuto nel corso dell’intera sua esistenza l’accoglienza e i rifiuto, la solitudine e il manicomio, ma non si può fare del suo temperamento e della sua pittura solamente una questione biografica. Quanto rimane è la verità di un’espressione che va dritta alle origini dell’umanità.
Il resto riguardo Ligabue, almeno per noi figli della mediasfera tra XX e XXI secolo, l’ha fatto il documentario di Raffaele Andreassi del 1965 (Antonio Ligabue, pittore), tra l’altro impossibile senza l’interessamento a lui riservato nei decenni precedenti dall’artista Marino Mazzacurati o da Cesare Zavattini; forse ancora di più lo sceneggiato del 1977 di Salvatore Nocita (Ligabue) con l’indimenticabile Flavio Bucci. Infine a chiusura del cerchio l’operazione più corretta filologicamente di Giorgio Diritti ed Elio Germano del 2020 (Volevo nascondermi). Biglietti online.
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