Mario Sironi aveva una vita. La sua pareva una storia iniziata e diretta verso uno scopo, ma alla fine si sarebbe detta un susseguirsi casuale di incomprensioni ed errori. Egli era capace – lo aveva imparato – di ridurre le forme del mondo a volumi, di ritagliare le figure nello spazio e lo spazio intorno alle figure in modo che queste non potessero mai liberarsi di quello; era un maestro quando si trattava di sgomberare il paesaggio e le città da ogni calorosa ma importuna presenza, di evitare che in essi qualcosa potesse suggerire il movimento, perché il movimento, i passi uno dopo l’altro, la torsione veloce ed improvvisa, un muscolo incerto, uno sguardo meno che fisso – questo lo sapeva bene – erano tutti pericolose concessioni alla realtà, un azzardo che avrebbe in un colpo solo coperto di ridicolo la storia, l’arte greca e romana, il popolo santo operoso e pieno d’ingegno, l’Italia che doveva rinascere, e – peste da evitare – il duce Mussolini. Solo monumento e frontale magnificenza si era cucito addosso. Veramente in questa aveva cercato riparo, ma i nervi, poverino, non hanno retto. Di fronte agli studi di ingegneria, alla lontananza della moglie, al suicidio dell’amata figlia, al crollo del regime, ai partigiani che avrebbero voluto fucilarlo sul posto; di fronte alla vita così com’è egli si mise in posa, sparuto e fragile come un fiorellino nel deserto, fino a mostrare la sua vera anima popolare, votata alla decorazione e alla propaganda, latrice di un’arte moderna ed industriale, completamente al servizio del moderno e dell’industria, fascismo o libero mercato che sia, pubblicità e Fabbrica Italiana Automobili Torino. Al Complesso del Vittoriano Mario Sironi 1885-1961 fino all’8 febbraio 2014. http://www.comunicareorganizzando.it/mostra/sironi-1885-1961/
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