L’arte, come ogni attività umana, si è sempre nutrita delle precedenti conquiste e sempre gli artisti hanno fatto i conti con il passato e la memoria. Pensiamo a quanto – facile esempio -il genio rinascimentale ha profittato della corrente emozionale degli artisti che faticosamente, con viaggi e sopralluoghi, si avvicinavano, tramite un lungo meticoloso studio, all’archeologia classica, per poi investirla nel gioco creativo con le loro opere. L’impatto con la memoria, propria e collettiva, nascendo da un contatto viscerale tortuoso voluto, dopo aver soffocato anima e mente in un profondo oceano di conoscenza dava modo, senza sconti, alle nuove generazioni di riemergere e cominciare il proprio discorso creativo. Poi la televisione, poco dopo internet, e tutta la memoria, tutto il passato, immagini, suoni, arte, cinema e persino vita ci sono sempre, costantemente presenti, e costantemente possiamo accedervi; allora la memoria incomincia a perdere quel bagaglio di emozioni legato al viaggio nel tempo fatalmente nebuloso, alla battaglia insidiosa col ricordo; si priva del patimento ansioso insito nella marcia di avvicinamento che prima toccava fare per appropriarsene.
Già negli anni sessanta, almeno per l’Italia, il regista sperimentale Roberto Grifi faceva “Verifica Incerta”, un lungometraggio realizzato giustapponendo spezzoni di film hollywoodiani, senza nessun intervento creativo, se non quello legato al montaggio e all’effetto di straniamento che il montaggio sempre comporta. In televisione sullo stesso binario a fine anni ottanta arriva Blob.
Oggi quella roba, nell’era della rete, è un genere d’arte e lo chiamano Mash up, remix, mescolanza e cruda sovrapposizione di materiali prodotti da qualcun altro, alla faccia del copyright. A Roma questa movimento trova la sua consacrazione dal 8 all’11 maggio 2013 nel MAshRome Film Fest, festival e gara per chi s’impegna nell’arte sminuzzare e mescolare.
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