Andreatta, tra i pochi politici da rimpiangere, nel 1997 come ministro della Difesa dona a Veltroni, collega alla Cultura, le caserme dismesse di Via Guido Reni. Giovanna Melandri ministro al medesimo dicastero due anni dopo avvia la procedura di gara pubblica per un progetto di costruzione del Maxxi, museo dell’arte e architettura contemporanea, che, in quanto polo non solo espositivo, ma anche laboratorio sperimentale, luogo di produzione multidisciplinare aperto a tutte le nazionalità, aveva esempi in tutte le capitali evolute del mondo tranne che in Italia. Il bando lo vince un architetto donna, irakena naturalizzata britannica, Zaha Hadid, già solo per questo avanguardia. Il museo, inaugurato nel 2010, con quattro anni di ritardo, nasce per volere del Ministero delle Attività e dei Beni Culturali che deve almeno in parte finaziarne le attività, il resto dovendolo procacciare dai privati la Fondazione che lo gestisce con a capo l’architetto Pio Baldi . Il Ministero, pare, dà 7 milioni nel 2010, 4 milioni per il 2011, forse 2 per il 2012. Il consiglio di amministrazione nella incertezza per l’anno, e giudicando a ragione il finanziamento insufficiente, non approva il bilancio, avvertendo a più riprese il ministro; di contro il ministro Ornaghi decide di commissariarlo. Dopo alcuni mesi, ciliegia sulla torta, il medesimo pensa bene di nominare nuovo presidente della Fondazione la Melandri, un politico deputato, da anni con le mani in pasta, con la scusa attenuante che fu una di coloro che aveva avviato il progetto. Siamo all’attualità polemica. Ora il ministro per consentire di far fronte agli impegni presi dovrà necessariamente aumentare i finanziamenti per il museo, cosa che, qualcuno si chiede, poteva fare tranquillamente durante la gestione Baldi, la quale aveva portato il museo ad una posizione di prestigio nel mondo.
Bisogna chiedersi allora: lo Stato deve assistere e promuovere l’arte contemporanea? potrebbe anche non farlo, ma se lo fa deve finanziarla adeguatamente come avviene per spazi simili a Londra, Madrid, Barcellona, dove spesso il contributo pubblico ammonta a due cifre di milioni. Poi si potrà discutere della qualità dell’arte promossa, delle modalità della programmazione, e della capacità di attirare visitatori e investimenti privati. Dobbiamo decidere insomma – pensiamo alle mostre in programma – se la comunità intera, almeno in parte, deve farsi carico di consentirci di ammirare gli schizzi di Le Corbusier, i giochi di luce della videoartista Grazia Toderi, o i disegni animati di Kentridge. http://www.fondazionemaxxi.it/
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