Dalle ere geologiche e dalla terra sgorga denso e nero, vita decomposta ci restituisce energia. Giace nella profondità della cultura italiana, nelle sue viscere indistinguibili dagli intestini mai completamente spurgati della politica, dell’economia, del mistero italiano. Il petrolio, Petrolio di Pasolini, petrolio del Caso Mattei, Petrolio del pittore spagnolo, naturalizzato italiano, Xavier Bueno, ora in mostra alla Centrale Montemartini, succursale di archeologia industriale dei Musei Capitolini, fino al 29 settembre 2013. Inedito sempre, irrimediabilmente postumo, è un soggetto che affrontato, crea disagio, immobilizza chi cerca di guardarlo in faccia per ridurlo a metafora. Difficile da estrarre, la sostanza miracolosa e avvelenata, complessa la tecnologia per piegarla ai bisogni della nostra civiltà; ma la civiltà non ha potuto che piegarsi a sua volta, nell’ultimo secolo, alle cadenze industriali, economiche e politiche che essa dettava. Chi non vuole fare arte didascalica e di intrattenimento va a rimestare nel liquido nero per capire e svelare le pulsioni del potere; ma partendo da esso, finisce per esprimere misteri inestricabili. Capita anche al quadro in acrilico di Bueno.
Non nello schema narrativo, in maniera classica aderente all’intento celebrativo probabilmente suggerito dalla committenza. Non nella forma dalle figure monumentali per fissità, già consueta nella precedente pittura italiana. L’irriducibile mitologia del petrolio, l’incubo ansioso ispirato dalla sua consistenza, dalla sua sempre incombente penuria, dalla sua minaccia al genere umano, il pittore la trova nella insaziabile ricerca dimensionale dei 7 metri per 3 di superficie, un infinito ridotto, aperto, inesausto. Avrebbe per il resto potuto ottenere lo stesso risultato, riempiendo quello spazio di nero.
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