Difficile contestare il generale consenso attribuito alle mostre più importanti per questo fine 2017: Monet Capolavori dal Musée Marmottan, Parigi, fino al all’11 febbraio 2018 presso il Complesso del Vittoriano-Sala Brasini, e Hokusai. Sulle orme del Maestro al Museo dell’Ara Pacis fino al 14 gennaio 2018. Allo tempo stesso è impossibile tacere la significativa, coincidente presenza a Roma dei due artisti, se si dà come universalmente accettata la fondamentale influenza esercitata dalla cultura visiva giapponese, giunta in Europa a partire dagli anni cinquanta dell’ottocento, sulla svolta impressionista, ma più in generale su tutta l’arte occidentale successiva.
200 opere ukiyoe (“immagini del Mondo Fluttuante”, il nuovo panorama sociale ed economico sorto nel Giappone unificato a partire dal XVI secolo), tra silografie policrome (stampe da matrice di legno con disegno in rilievo e inchiostri a colori) e dipinti su rotolo attribuiti all’autore della Grande onda, Katsushika Hokusai, e ai suoi epigoni; tra essi paesaggi, vedute di luoghi conosciuti del Giappone, “beltà” femminili, scene a tema erotico, biglietti augurali con immagini di animali e natura, e i così detti Manga, gli schizzi creati per insegnare l’arte ai discepoli. 60 le opere di Claude Monet prestate dal Musée Marmottan Monet di Parigi, a suo tempo beneficiato dal figlio Michel della collezione conservata nella casa di Giverny, ultima abitazione del Maestro prima della morte; spiccano opere tarde come le Ninfee e le Rose, risultato estremo di un orizzonte visivo ridotto al giardino di casa.
Si potrebbe scorgere la consegna dall’oriente all’occidente nelle forme verticali, prive di plasticità e nei colori stesi piatti, vivaci e innaturali, senza sfumature e chiaroscuri; nel nero senza compromessi; nelle linee sfuggenti, sinuose, calligrafiche. Nelle pose sensuali ma quotidiane, nelle composizioni asimmetriche, nei panneggi teatrali delle cortigiane; nei personaggi e oggetti lontani appena accennati, sfuggenti e affogati nell’atmosfera, e in mille altre consonanze. Ma tutto sommato si può dire che l’oriente induce l’occidente a privarsi di peso, monumento, pensiero: nell’arte con decenni di anticipo sui massacri mondiali del secolo successivo.
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