L’Archivio fotografico del Museo di Roma, perfettamente in linea con la sua missione originaria – conservare la memoria del città man mano che qualcuno decideva di trasformarla (in particolar modo con vari piani regolatori post unitari, e con la rivoluziona urbanistica del regime fascista) – mette in mostra fino al 28 febbraio 2016 una scelta di 90 fotografie dei fondi appartenuti a Silvio Negro e Valerio Cianfarani, acquistati rispettivamente nel 2003 e nel 2005.
Il giornalista e l’archeologo intuirono ben presto che l’immagine della Roma preunitaria, papalina e affatto diversa da quella che conosce un fervore costruttivo senza precedenti all’arrivo dei burocrati piemontesi, si sarebbe definitivamente persa se nessuno avesse prestato attenzione alle testimonianze visive che vanno dagli anni ’50 agli anni ’70 dell’800, proprio il periodo in cui le tecniche fotografiche conoscono la prima diffusione a Roma. Non risparmiandosi cominciarono sin dagli anni ’30 a rovistare cantine e rigattieri, ad acquistare qua e là e a sviluppare la passione collezionista che li ha condotti prima a diventare amici, e poi ad organizzare nel 1953 la Mostra della fotografia a Roma dal 1840 al 1911, proprio nel medesimo Museo di Roma, allora appena trasferito nella sua attuale sede di Palazzo Braschi.
In queste foto primordiali colpisce sì di vedere luoghi consueti completamente diversi, ma colpiscono di più le rare figure umane che li occupano, fantasmi il più delle volte inspiegabili, alieni che si fatica ad accomunare alla nostra stessa specie.
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