Che, in alternativa al centro storico e agli itinerari turistici più battuti, i viaggiatori giovani e assidui e gli osservatori internazionali a Roma avessero messo gli occhi su Ostiense ce n’eravamo accorti da un po’. Alla movida a volte sbracata di Pigneto, San Lorenzo e Trastevere, il quartiere oppone un’amalgama più convinta di vita notturna, arte, cultura, storia, cibo e progetto politico-urbanistico.
La differenza dell’antica arteria che collegava Roma al porto di Ostia sta nel suo passato industriale (quale sede del porto fluviale e dei mercati generali e primo grande polo per la produzione di energia per Roma con la centrale), che su finire del millennio scorso ha offerto alla politica l’opportunità di ripensare un reticolo urbano fatto di enormi edifici in rovina che probabilmente nessuno avrebbe mai pensato di costruire a posta. Il resto, ristoranti e locali, centri culturali, street art qualificante e vita notturna sono stati una conseguenza.
Fa bene il Guardian ad individuare i poli attrattivi nella grande Basilica di San Paolo fuori le Mura, nella Centrale Montemartini riconvertita a vero e forse unico tempio dell’archeologia romana, nel Cimitero Acattolico vicino alla Piramide Cestia; fa bene a non aver timore di accostare tutto questo a Eataly, il megastore del cibo di qualità ricavato dalla fallita stazione Ostiense. Fa ancora bene ad elencare posti come il Caffè Letterario o un ristorante come il Porto Fluviale. Ma è l’insieme a fare la differenza, senza dimenticare intorno al nucleo del quartiere, l’Università Roma Tre, lo storico quartiere Testaccio con l’Ex-Mattatoio riqualificato, il Teatro India, il polo di eccellenza dell’ospedale Bambino Gesù, gli ex Mercati Generali in trasformazione e il Tevere, che qui a tratti conserva qualcosa di selvaggio.
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