Finalmente il programma in quattro giorni, dal 5 all’8 dicembre 2013, dell’ormai tradizionale appuntamento con la piccola e media editoria presso il Palazzo dei Congressi dell’Eur. Manifestazione che in realtà, con grande dispendio di mezzi e relazioni istituzionali, dura diffusa con iniziative ed eventi nelle biblioteche comunali, musei, e librerie di Roma già dal 27 novembre. Tanti editori, librerie, operatori professionali, ma anche una nutrita presenza di scrittori affermati italiani e stranieri, giornalisti, personaggi del cinema e della televisione – non ci soffermiamo, potete vedere da voi questa sintesi delle presenza -, tutti a ribadire, insieme alla pubblicità martellante della manifestazione, che il libro è la panacea di ogni male e che, appena lo si apre, sfoglia, solamente lo si tocca, sprigiona fluidi magici in grado di risolvere molti dei nostri problemi. Ma il vero tema, quello implicito e non detto, l’intima ma non segreta spinta a tutto questa agitazione, si chiama DRM Digital Rights Management, Gestione dei Diritti Digitali, come potrebbe chiamarsi lotta alla pirateria, controllo della produzione intellettuale, profitto sulla creatività.
Insomma la spasmodica ricerca di strategie informatiche che rendano impossibile la copia e la distribuzione illegale dei contenuti digitali; che poi è in stretto rapporto con i modi per far fronte al crollo di vendite nelle librerie e al pazzo download sulla rete, con la possibilità di vendere libri utilizzando l’ottimizzazione sul web, le recensioni, i social network e con la ricerca tra le pieghe digitali, laddove si nascondono, di nuove opportunità di profitto che sfruttino il sapere, l’intelligenza, la creatività di scrive e disegna.
L’editore era l’imprenditore che riconosceva il genio, ma anche il prodotto con il quale vendere e guadagnare. Poi ha affinato la sua funzione ed oltre ad investire il denaro necessario a prodotto fisico, promozione e distribuzione, si è impratichito sul confezionarlo con la grafica e il layout giusto, ed ha inventato l’editing, correggere ed aggiustare lo scritto degli autori insipienti e sprovveduti nei confronti delle autorità, dei poteri, o anche semplicemente del mercato. Questo non garantiva che qualcuno potesse sfuggire al sistema, ma assicurava che anche quegli scrittori e quelle idee che inizialmente potevano aspirare a staccarsene, infine ne venivano integrate e presentate come un suo prodotto più evoluto.
Oggi nell’era di internet e della potenziale sfrenata circolazione del sapere, dell’arte e delle idee, l’editore non vorrebbe solo, come giusto che sia, mettere a disposizione la sua competenza acquisita sul campo nel valutare, scegliere, limare, consigliare e promuovere, ma desidererebbe impedire l’esercizio di queste prerogative ad altri soggetti emergenti che si presentano sul mercato, al limite gli stessi autori (nel mondo vi sono associazioni di artisti in assoluto disaccordo con loro editori che vorrebbero perseguire la pirateria). La causa della cultura finisce così per identificarsi nel rendere sempre più controllata, vischiosa, difficile, insomma per niente libera la sua fruizione.
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