Sabato primo giugno l’amministrazione capitolina ha inaugurato la stazione San Giovanni della metropolitana C, linea la cui consegna, per vicende che non ci proviamo nemmeno qui a raccontare, è slittata di molti anni rispetto ai tempi inizialmente previsti. Il sindaco di Roma è sceso nella scalo sotterraneo con le altre autorità e ha invitato i cittadini, in anteprima rispetto alla effettiva entrata in servizio promessa per l’autunno, a visitare quella che – in verità per un catena di decisioni già prese dalle precedenti amministrazioni, in accordo con la Sovrintendenza Speciale – diventerà la prima stazione museo della metropolitana di Roma, anche se non la prima della rete ad ospitare reperti rinvenuti durante gli scavi di costruzione.
Accompagnati da pannelli e video esplicativi, secondo criteri rispettosi della della stratigrafia di rinvenimento – dall’epoca moderna, nell’atrio di entrata, fino alla preistoria, scendendo alla banchina dei treni – nello scalo hanno trovato posto molti dei reperti estratti sin dai primi carotaggi del 1999, anche ad oltre 25 metri di profondità, nell’area che comprende le stazioni Lodi e, appunto, San Giovanni; per intenderci, nella parte del quartiere costruito tra fine ottocento e primi decenni del novecento che si estende tra via Casilina Vecchia a Piazzale Appio, il grande slargo antistante la Porta Asinaria delle Mura Aureliane.
Proprio la costruzione di questa cinta muraria nel III secolo dopo Cristo ha trasformato la zona da paludosa, percorsa da rigagnoli e avvallamenti anche profondi, ad area destinata all’agricoltura di approvvigionamento della Capitale. Testimonianze di questa fase semi e frutti fossilizzati, anfore per i prodotti, antefisse di terracotta scolpite, tubature e manufatti di drenaggio delle acque, come la colossale vasca 35×70, rinvenuta nel 2012. Ma non mancano statue, monete e gioielli, e gran quantità di oggetti, trovati anche nei riporti accumulati in epoche posteriori all’antichità romana, come per esempio il corredo di piatti, vasi e ciotole cinquecenteschi, riferibili all’attività del vicino ospedale San Giovanni.
Degno di nota che tutte queste testimonianze siano potute emergere solo grazie alla costruzione di una metropolitana, l’unico tipo d’intervento che giustifica scavi di tale profondità. Ma senz’altro eccezionale il fatto che l’archeologia, intesa come sforzo di recupero che necessita di risorse, tempo e personale, è diventata in questo caso parte dell’esecuzione dell’opera stessa, già in fase di progettazione. Si potrebbe dire, non un ostacolo, come i più la percepiscono, ma addirittura uno degli obiettivi da perseguire costruendo la linea C.
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