Aventino, Colosseo, Acqua Paola, San Pietro in Vaticano e San Pietro in Montorio, Piazza Navona, Terme di Caracalla (anche ne La Dolce Vita) e infine, abbondantemente fuori le Mura Aureliane, il Parco degli Acquedotti, palcoscenico senza fondo dell’incredibile performance quasi suicida di un’artista contemporanea. La Roma attrice protagonista del Cinema si rinnova ne La Grande Bellezza, film annunciato come il termine di paragone con il quale tutta la cinematografia, italiana e mondiale, oggi deve fare i conti. Il disfacimento dei valori rappresentato dalla putrescente, varia umanità politica culturale mondana che in notturna si porta in primo piano, e attraverso la quale si pretende di dire cosa siamo diventati noi tutti, e cosa Roma ha il potere di evocare.
Dannati del footing e attrezzatissimi ciclisti sulle muntain attraversano i fornici dell’Acquedotto Claudio, mamme e passeggini traballano, anziani sui sedili di pietra al Casale di Roma Vecchia a volte aprono bocca, giovani innamorati nascosti tra i resti di tomba a colombario si condannano a ripetere all’infinito i preliminari. Tutti dannatamente convinti di vivere la propria vita, chissà quanto crederanno di specchiarsi nell’apparato del cinema danaroso, gru, carrelli, pedane, che oggi occupa, incurante come sempre, il loro angolo di mondo. uno spettacolo nemmeno tanto inconsueto a uno sputo da Cinecittà.
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