Un liquido si raffredda prima che possa diventare solido; resta come l’acqua, trasparente sfuggevole e freddo alla vista, infinitamente sezionabile ma contemporaneamente rigido al tatto; gli attimi precedenti, come sempre pochi, sono il tempo rapidissimo della creazione. Il vetro, sempre presente, ha una lunga storia, e parte di essa, quella declinata dalla tarda Repubblica e dall’Impero Romano è raccontata nella Curia Iulia al Foro sotto forma di circa 300 oggetti, tra piatti, bicchiere, suppelletili di uso domestico, ma anche mosaici e gioielli, fino al 16 settembre. Preziosa per la fragilità dei reperti provenienti da molti siti archeologici italiani e di area mediterranea, l’esposizione si ritma per fasi storiche e tecniche di lavorazione, con lo spartiacque del I secolo a.c., durante il quale il consolidarsi delle conquiste di Roma apre all’affluenza nella città di artigiani dalle province orientali, i quali probabilmente, soprattutto in area siro-palistinese, usavano modellare la pasta vitrea con la tecnica del soffiaggio. Tutti siamo stati turisti a Venezia e tutti abbiamo osservato gli artigiani muranesi all’opera; ai loro antenati, i romani appunto, l’hanno insegnata.
La velocità e la versatilità della nuova tecnologia rese la produzione di oggetti, vasi e posate, copiosa e a buon mercato presso tutte le classi, al punto da soppiantare le precedenti, a cominiciare da quelle a stampo, consistenti nella colatura di vetro fuso in matrici di materiale refrattario, in uso addirittura dall’Età del Bronzo, di cui comunque ci sono esempi esposti. Nuove decorazioni con inserzione di filamenti, granuli e pezzetti di vetro insieme a nuove colorazione rendono sempre più varia la produzione. Le informazioni sul sito dei Beni Archeologici
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